La
ricerca artistica di Diego Tonus si focalizza sulla riproduzione come strumento di indagine per mettere in discussione
sistemi di controllo e strutture di potere del nostro quotidiano. Sia che
l’artista usi il video o la scrittura giornalistica (in cui il montaggio
permette di raccontare nuovamente un’esperienza individuale attraverso la sua
alterazione), la voce (precise tecniche di tono e modulazione possono
influenzare la reazione inconscia dell’ascoltatore) o la performance e la
scultura (in cui uno specifico soggetto e la sua storia vengono indagati
attraverso la loro replica), la sua ricerca analizza l’equilibrio fra le
modalità del racconto e il suo contenuto, mostrando in quanta misura esse siano
innanzitutto strumenti di potere e di manipolazione sia del pubblico che
dell’oggetto/soggetto.
Artist’s Proofspresenta due serie di lavori tra le più importanti nella ricerca di Tonus: Fragments of a Conversation with a
Counterfeiter e Processing
Authorities, scegliendo però di ragionare non sulle opere finite, bensì
sulle prove d’artista. La mostra invita a interrogarsi sul processo, sul
retroscena, sul making of di
un’opera, riflettendo così non solo sul concetto di copia come strumento per analizzare un originale (tema centrale di entrambe le serie in mostra), ma anche
sul significato del rapporto tra prodotto finale e prova d’artista. Nel lavoro
di Tonus il processo creativo e di ricerca che conduce all’opera dura spesso
anni e riveste un’importanza fondamentale: un lento processo maieutico in cui
non solo si concentrano lo studio empirico e l’indagine sul campo, ma in cui,
soprattutto, si realizza il passaggio dalla
riflessione intellettuale
all’opera, all’esperienza tangibile, al rapporto con l’altro. Per questo motivo
gli oggetti prodotti in questa fase rivestono un’importanza cruciale: non si tratta
di abbozzi da scartare in favore del risultato finale, ma sono degli ibridi,
delle opere vere e proprie che portano con sé i segni del processo di creazione
stesso. Sono il primo frutto tangibile della ricerca, i tasselli di un’azione
in fieri, capaci di svelare il primo approccio autentico dell’artista con la
materia e con la
creazione di pensiero. Questi ibridi contengono una tensione che si ritrova
nella loro natura potenziale, nel tendere verso l’opera e nell’interrogare il
rapporto fra valore artistico/culturale e valore economico dell’opera stessa. In
una società fatta di merci e di prodotti finiti, è convenzione non scritta che
sull’oggetto finale debba concentrarsi l’intero valore dell’opera, ma di quel
lungo processo di osservazione e di quel continuo procedere per tentativi,
errori e perfezionamenti, cosa rimane? Che valore hanno l’idea e il suo
progressivo farsi e disfarsi? La prova d’artista è soggetto, oggetto o copia
ante litteram dell’opera d’arte?
Nel
caso di Processing Authorities(2013-2018) distinguere gli originali, dalle copie, dalle prove d’artista è
quasi impossibile. Si innesca, in questa matrioska di passaggi successivi, un
ambiguo cortocircuito in cui la copia è il prodotto finale di un processo di
studio e analisi dell’originale di cui la più vera testimonianza è proprio la
prova d’artista. La serie si evolve a partire da un
anonimo e singolare gruppo di martelli di legno di proprietà dell'Istituto
Internazionale di Storia Sociale (IISH)
di Amsterdam. Questi oggetti sono
appartenuti a presidenti e capi di commissioni di movimenti rivoluzionari ed
emancipatori di tutta Europa (movimenti sindacali, azioni di propaganda,
organizzazioni agricole, gruppi religiosi, commissioni contro l’alcolismo,
movimenti esperantisti, associazioni sportive, movimenti
femministi, per citarne alcuni). Negli anni, molti sono pervenuti in maniera
quasi casuale all’Istituto, ma nessuno aveva mai approfondito la loro
provenienza e la loro storia. Dopo un lungo periodo di osservazione e studio (sia
in archivio sia seguendo le vicende di ogni martello fino a incontrare in
alcuni casi i presidenti e i leader dei movimenti che li avevano commissionati
o usati per emettere sentenze) e con l’intenzione di mostrarli per la prima
volta al pubblico come una collezione, Tonus ha realizzato accurate repliche di
53 martelli, creando non tanto delle copie, ma dei “nuovi originali”, che si
costituiscono come una collezione di voci pronte per essere riascoltate,
ripensate e ridiscusse sia in quanto opere, sia, soprattutto, in quanto
strumenti di esercizio del potere e di rappresentazione visiva dell’autorità.
In mostra 10 prove uniche d’artista testimoniano la ricerca dei materiali, lo
studio della tecnica di scultura e incisione, la riflessione sul ruolo di questi
oggetti silenziosi che portano ancora con sé l’eco di un suono perentorio e
definitivo.
Fragments of a Conversation with a Counterfeiter(2018-2019) è invece il risultato di una conversazione sulla trasformazione e
il trasferimento di valore che mette in discussione l’assunzione di valore di
tempo e spazio in un momento storico di crisi generalizzata.
La serie deriva da
un presunto dialogo tra Diego Tonus e un falsario (anonimo per ovvie ragioni)
in cui emergono pensieri controversi relativamente ai sistemi contemporanei che
trattano la definizione del concetto di valore. Ogni opera del ciclo è la
traduzione visiva da parte dell'artista di questa conversazione: oggetti,
azioni e parole del falsario, frammenti della sua pratica di riproduzione e
mimesi del valore originale, allusioni alle modalità di trasporto, alle
tecniche di elusione dei sistemi di controllo e soprattutto riflessioni sul suo
rapporto con il concetto di unicità. Ogni opera è presentata in co-autorialità con il
falsario stesso, di cui estrema sintesi è A
moment of darkness, calco 1:1 della sua persona. Appropriandosi del
pensiero del contraffattore, del suo agire, delle sue impronte digitali,
l’artista mette in discussione il concetto di falsificazione e di proprietà
intellettuale, arrivando a registrare le opere della serie come segreti
commerciali presso l’Ufficio Benelux per la Proprietà Intellettuale così da
poter attivare, eseguire e infine condividere con un pubblico internazionale i
segreti che custodiscono. La prova d’artista in questo senso acquista un
valore ancora maggiore laddove incarna il lento costituirsi di un rapporto di
reciproca fiducia tra l’artista e il suo insolito complice.